L’autore teatrale:

Ritratto di Hervé Ducroux sul teatro di Consoli 

 

 

    

Ho incontrato il teatro di Enzo Consoli alcuni anni fa, quando ho avuto il piacere di mettere in scena "Igloo", un testo di grande raffinatezza ed intelligenza. Quando poi ho letto altre sue opere, mi sono accorto che quelle erano qualità costanti nel lavoro dell’autore. Mi è sembrato di vedere qualcosa di nuovo, qualcosa che nasce da una tradizione nord-europea, ed espressa con un’estrosità latina. "Nuovo", non tanto nel linguaggio deliziosamente accessibile, ma piuttosto nei meccanismi mentali dei personaggi che, proprio grazie all’apparente quotidianità, ci portano nei meandri di costruzioni erebrali e relazionali estremamente fantasiose. Fantasia che prende apertamente il volo in modo esponenziale. Un teatro di grande respiro poetico, nascosto nelle minuscole pieghe delle relazioni umane.

 

Ho apprezzato la raffinatezza dei meccanismi, l’intelligenza nello sviluppo mentale, ho sorriso all’ironia e alla tenerezza con le quali Consoli guarda i suoi personaggi e ho amato più di tutto la sua "innaturalezza". Un lavoro appunto che fugge il naturale, ma fondato su un radicato senso del vero. Un bugiardo. Un bugiardo che dice sempre la verità. La finzione che nasce dal vero: Il Teatro insomma. Ed è un bel teatro perché al centro c’è l’uomo, l’uomo nella sua essenza, non in ciò che dice. Anzi c’è una dicotomia quasi costante tra parola e pensiero. Forse per questo i personaggi di Consoli, perché cercano di ingannare il proprio pensiero, sono così prolissi, così inclini al parlare. Cercano strade.

 

Consoli non ti dice mai dove va, oppure te lo dice chiaramente, ma è perché corre da un’altra parte. Imbocca strade che sembra continuamente lasciare ma che alla fine si riallacciano tutte. Costruisce castelli di carta inverosimili. Ci sorprende e ci convince appunto quando inventa personaggi che vivono storie del tutto inverosimili, quelle storie che alla fine ci accorgiamo essere le nostre, le nostre vite, le nostre prigioni, quelle individuali e quelle collettive. Uno sguardo su di noi, grottesco e amaramente benevolo, mai prevedibile e sempre acuto. Un teatro che ama l’uomo, questo è il merito di Enzo Consoli.

 

 

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